La business continuity, anche conosciuta come continuità aziendale, è la capacità di un’azienda di mantenere operative le funzionalità critiche durante e dopo un evento avverso, definito solitamente come disastro, perché provoca potenzialmente interruzioni operative o perdite di dati importanti (entrambi eventi “costosi” per l’azienda).
Entriamo più nel dettaglio dell’argomento e scopriamo quali sono i vantaggi di adottare questa strategia proattiva.
Che cos’è la business continuity?
Come abbiamo accennato nell’introduzione, la business continuity rappresenta la capacità di un’organizzazione di continuare a operare senza interruzioni anche durante dei disastri (di varia natura).
Questi eventi avversi possono essere, ad esempio, dei guasti alle attrezzature di produzione, delle calamità naturali o un attacco informatico.
Possiamo, infatti, suddividere i disastri aziendali in quattro categorie:
- Naturali: terremoti, alluvioni, incendi, uragani che danneggiano le infrastrutture aziendali.
- Tecnologici: guasti ai sistemi IT, cyberattacchi, violazioni di dati che compromettono la sicurezza e l’operatività dell’organizzazione.
- Umani: errori, azioni non etiche o malfunzionamenti dovuti a negligenza o a sabotaggio.
- Operativi: interruzioni nella catena di fornitura, crisi produttive o problemi logistici.
La traduzione del termine business continuity in “continuità aziendale” evidenzia non solo l’importanza di mantenere operativi i processi e la capacità produttiva, ma anche degli asset fondamentali come la gestione della reputazione del brand e l’immagine complessiva dell’azienda.
Perché la business continuity è importante per le aziende?
L’obiettivo principale di una strategia di business continuity è quello di prevenire l’interruzione della produzione e/o del servizio erogato da un’organizzazione o, almeno, di ripristinare l’attività dopo un disastro nel minor tempo possibile, in modo da limitare i danni sia a livello economico che reputazionale.
Un’indagine sul tema, infatti, rivela che le piccole imprese subiscono una perdita media di 427$ per ogni minuto di sospensione delle operazioni. Tuttavia, questa cifra è abbastanza ridicola se confrontata con quella delle grandi organizzazioni, che possono arrivare a perdere fino a ben 9.000$ al minuto.
Per quanto riguardo l’aspetto della reputazione, l’incapacità di un’azienda di garantire la continuità delle proprie attività durante una crisi può portare a una perdita di fiducia da parte di clienti, partner, investitori e altri stakeholder, poiché percepiscono l’organizzazione come inaffidabile o impreparata.
Per non parlare poi della sensazione di insicurezza se nell’evento disastroso viene messa a repentaglio la gestione e la privacy dei dati (personali, sensibili, etc) dei clienti.
Una mancata gestione della crisi, soprattutto se amplificata dai media può, inoltre, danneggiare seriamente l’immagine pubblica dell’azienda portando a delle gravi conseguenze per l’attività che, nelle situazioni più complesse, possono anche arrivare al fallimento.
Secondo lo studio della Federal Emergency Management Agency (FEMA), infatti, ben il 43% delle piccole imprese colpite da un disastro non riapre più, e un ulteriore 29% cessa l’attività entro due anni. Più lunga è la fase di recupero, maggiore è il rischio di una chiusura definitiva.
In aggiunta, per molti settori (tra cui quello governativo, finanziario e sanitario) la business continuity è anche un requisito normativo che deve essere rispettato per non incorrere in pesanti sanzioni.
Da queste evidenze, si capisce bene l’importanza di adottare quanto prima una strategia di continuità aziendale, in modo da essere preparati nel caso in cui si dovessero verificare dei potenziali imprevisti. Questo approccio proattivo si traduce nella realizzazione di un business continuity plan.
Che cos’è il business continuity plan e cosa contiene?
Un business continuity plan (BCP), anche conosciuto come piano di continuità operativa, è un documento interno a un’azienda che individua le potenziali minacce a cui può essere esposta l’organizzazione e che definisce le azioni da effettuare in caso di un’emergenza o di un’interruzione dell’attività.
Il processo di redazione richiede una pianificazione accurata, oltre che una comprensione approfondita delle attività svolte e dei processi aziendali.
Le varie fasi si articolano solitamente nel seguente ordine:
- Valutazione dei rischi. Consiste nell’identificare rischi e minacce, interne ed esterne, che potrebbero interrompere le attività aziendali, come guasti hardware, errori umani, cyberattacchi, disastri naturali e pandemie. Questa analisi è fondamentale per individuare le vulnerabilità del business e preparare un piano al fine di ridurre gli impatti negativi.
- Identificazione dei processi critici. Si identificano i processi aziendali più importanti da proteggere e da ripristinare rapidamente, considerando anche quelli apparentemente meno importanti. Questo permette di valutare l’impatto di un’interruzione su produttività e clienti.
- Sviluppo dei piani di azione. Si sviluppano piani di contingenza per ogni processo critico, con attività specifiche allo scopo di garantire la continuità aziendale in caso di emergenza. I piani includono procedure per il ripristino dei dati, la riparazione o sostituzione dell’hardware e la riorganizzazione del personale.
- Definizione del downtime. Si definisce il tempo limite entro cui un sistema può rimanere inattivo senza causare disservizi.
- Individuazione del team di emergenza. Per ogni dipartimento si individuano delle persone che saranno addette a gestire eventuali situazioni di emergenza, seguendo il piano d’azione indicato all’interno del BCP.
- Test e valutazione del BCP. Al termine dello sviluppo, è importante testare il piano in modo da verificarne l’efficacia ed eventualmente apportare dei miglioramenti. È anche fondamentale aggiornare con una certa regolarità il BCP affinché sia allineato con l’evoluzione dell’attività.
- Formazione del personale. L’ultima fase prevede l’addestramento e l’aggiornamento di tutto il personale, al fine di garantire che possa rispondere alle emergenze in modo efficace.
Business continuity e disaster recovery: qual è la differenza?
Per completare meglio l’argomento della business continuity, è bene menzionare anche la differenza con il disaster recovery.
Questi due termini, infatti, vengono spesso utilizzati insieme e si tende a pensare che possano essere dei sinonimi. In realtà, fanno riferimento a due approcci abbastanza diversi:
- La business continuity, come abbiamo visto ampiamente in questo articolo, si concentra sul mantenere l’azienda operativa e coinvolge tutti gli elementi necessari per la sua sopravvivenza, includendo i processi operativi e le risorse umane.
- Il disaster recovery, invece, è una parte della strategia di business continuity che si concentra, però, in modo più specifico sugli aspetti più tecnici legati alle infrastrutture IT. Si concretizza con la redazione di un Disaster Recovery Plan (DRP) che include tutte le azioni da effettuare sui sistemi informatici per ripristinare la normale attività dopo un’interruzione.
In sostanza, quindi, il piano di business continuity cerca di prevenire lo stop dell’operatività di un’organizzazione anche nell’eventualità di un disastro. Il disaster recovery, invece, comprende tutte quelle attività da effettuare dopo che l’evento imprevisto è già accaduto.
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